Di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal vescovo diocesano, monsignor Giampio Devasini, durante la Santa Messa nella Solennità di Tutti i Santi sabato 1° Novembre 2025 nella Cattedrale di Chiavari.
Cari fratelli e sorelle, è interessante sapere che, sin dai primi secoli della sua esistenza, la Chiesa ha sentito la necessità di trovare un giorno in cui celebrare tutti i martiri, cioè coloro che per testimoniare la fede nel Signore Gesù erano arrivati addirittura a offrire la loro vita, il loro sangue; e che pochi secoli dopo si è individuato un giorno preciso, il primo novembre, per celebrare tutti i martiri e anche tutti i santi. Perché la Chiesa ha sentito questa necessità sin dall’origine della sua esistenza? Perché ha intuito che i santi sono delle donne e degli uomini riusciti, e sono – poiché donne e uomini riusciti – delle persone che hanno sperimentato la felicità più profonda nella vita: quella beatitudine di cui parla il Vangelo, che non è una gioia a basso costo, non è la gioia effimera di un istante, ma è quella gioia profonda che può sedimentarsi nel cuore degli uomini. I santi sono delle donne e degli uomini beati, felici, perché la loro vita è riuscita.
E la Chiesa ha sentito sin dall’inizio che i santi sono diversi l’uno dall’altro, hanno vissuto storie diversificate, hanno abitato tempi diversi, e tuttavia c’è un segreto della loro felicità, della loro gioia, della loro beatitudine. E il segreto è uguale per tutti: non hanno vissuto prendendo se stessi come centro di tutto. Sì, i santi non si sono concentrati su se stessi e così hanno permesso alla vita di Dio, alla vita di Cristo, di nascere e crescere in loro. Lo ha intuito sin dagli inizi un grande santo, San Paolo, quando dice: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Oppure quando rivolgendosi ai cristiani dice loro: «vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27). I santi sono donne e uomini felici per questo: si sono spogliati della loro vita, rivestendosi della vita di Cristo.
E proprio per questo – potremmo dire – sono delle donne e degli uomini trasparenti. Quando si incontra un santo, non ci si ferma mai a lui o a lei, ma attraverso la vita di quell’uomo, di quella donna, come attraverso una finestra, si coglie la Luce: la Luce che sta dietro e che illumina, che è la Luce di Dio. Per questo con i santi non ci si annoia: quanto più tu li frequenti, tanto più scopri che sei immerso in una Luce che va al di là della loro vita.
Ed è bello che dopo secoli noi continuiamo a celebrare la solennità di tutti i santi, anche in questo tempo. Pensavo, quest’oggi, che quando noi immaginiamo una donna e un uomo riusciti, felici, ci immaginiamo delle donne e degli uomini che si impongono, che fanno parlare di sé, che realizzano tutti i loro bisogni, magari anche con la violenza, con l’aggressività, magari anche calpestando gli altri. Tante volte l’immagine di donna e di uomo felice, realizzato, che passa nelle nostre società, è di questo tipo: ti fai valere, riesci, non importa come! Oppure pensiamo a coloro che diventano dei personaggi, che fanno di tutto pur di accentrare l’attenzione su di sé, di far parlare di sé. Chi oggi ha dimestichezza con i nuovi media sa bene che ci sono questi famosi influencer, che dovrebbero influenzare la vita degli altri attirando l’attenzione su di sé.
Ecco, pensavo: c’è una differenza fondamentale tra i santi e quelli che consideriamo donne uomini riusciti oggi. Le donne e gli uomini riusciti oggi sono dei personaggi opachi, che fermano lo sguardo su di sé; e per questo – se me lo concedete – dopo un po’ ci si annoia dei personaggi, sono noiosi. Invece i santi non attirano l’attenzione su di sé, sono traslucidi, sono trasparenti e allora con loro non ti annoi mai; intuisci che attraverso di loro sei immerso in una Luce profonda. Ma c’è un altro motivo – mi sembra – per cui sin dagli inizi la Chiesa ha sentito la necessità di celebrare, in uno, tutti i santi e tutte le sante: per dire e affermare che quando noi ci troviamo, come oggi, ad ascoltare la Parola, quando ci troviamo insieme a celebrare l’Eucaristia, a nutrirci dell’unico corpo di Cristo, quando viviamo la nostra vita che dovrebbe essere una vita di fraternità, di carità… quando facciamo questo non siamo mai soltanto noi, siamo noi insieme a tutte le cristiane e a tutti i cristiani che ci hanno preceduto.
La Chiesa è fatta dai volti nostri ed è fatta dalle migliaia, dai milioni, dai miliardi di volti delle cristiane e dei cristiani che ci hanno preceduti. E anche questo ci fa dire che vale la pena di continuare a vivere e celebrare la solennità di tutti i santi. Mai come in questo tempo, a volte viviamo delle solitudini profonde, cattive. E le solitudini sono profonde e cattive quando ci sembra che la nostra vita è abbandonata, che non siamo più in una comunione profonda. Vivere la solennità di tutti i santi ci fa dire che possiamo anche essere fisicamente soli, ma non siamo mai isolati: siamo in una comunione profonda, bellissima, con tutti coloro che ci hanno preceduto, comunione che possiamo gustare sin da adesso – e in una celebrazione eucaristica come questa lo facciamo in modo sommo, alto – ma che gusteremo in una maniera piena quando anche noi saremo dall’altra parte della morte. Amen.