RESTAURO MARAGLIANO

Anton Maria Maragliano: il restauro delle casse processionali della Cattedrale di Chiavari

Immagini Restauro della CASSA di San Francesco 

Immagini Restauro della CASSA di Sant’Antonio Abate

San Francesco riceve le stigmate

Le tentazioni di Sant’Antonio Abate

Commissione

1715

1705

Consegna

1719

1720

tecnica/materiali

legno scolpito, dipinto e dorato

legno scolpito, dipinto e dorato

dimensioni

h cm 140 San Francesco e angelo, cm 270 Gloria, basamento cm 240 x 155

h cm 120 Sant’Antonio Abate, cm 270 Gloria, basamento cm 240 x 185

provenienza

Chiavari, Oratorio di San Francesco

Chiavari, Oratorio di Sant’Antonio Abate

collocazione

Chiavari, Basilica della Madonna dell’Orto, Nicchia del transetto (Sinistra)
dal 1799

Chiavari, Basilica della Madonna dell’Orto, Nicchia del transetto (Destra)
dal 1799

esposizioni

Genova, 1939, Le casacce

restauro

Carla Campomenosi Oberto – Margherita Levoni (Martino Oberto Studio opere d’arte dal 1950)

Per la nicchia: Federico Buzzati

Carla Campomenosi Oberto – Margherita Levoni (Martino Oberto Studio opere d’arte dal 1950)

Per la nicchia: Federico Buzzati

durata del restauro

APRILE 2017- FEBBRAIO 2018

GENNAIO 2018 – LUGLIO 2018

direzione del restauro

Paola Traversone

( SBSAE Liguria)

Paola Traversone

( SBSAE Liguria)

fotografie

Francesca Cambi

Martino Oberto Studio opere d’arte dal 1950

Francesca Cambi

Martino Oberto Studio opere d’arte dal 1950

Indagini diagnostiche

Michele Brancucci – Geospectra srl

Michele Brancucci – Geospectra srl

Relazione di restauro

Carla Campomenosi Oberto – Margherita Levoni

Grazie a questo intervento e a Compagnia di San Paolo, che lo ha reso possibile, si è potuta recuperare la corretta percezione della straordinaria qualità esecutiva dei gruppi scultorei, prima offuscata da una spessa coltre di particellato atmosferico coerente e da una vernice ingiallita di notevole spessore che appesantivano e snaturavano l’originale cromia delle opere. Un sentito ringraziamento anche al Comune di Chiavari che ci ha ospitato presso i locali a piano terra dell’ex tribunale in piazza Mazzini, rendendo possibili importanti iniziative, organizzate dalla Curia, che sarebbero state impensabili se si fossero trasferite le due opere nel nostro studio genovese.

Stato di conservazione

Supporto

Il tiglio è l’essenza lignea che costituisce, in percentuale maggiore, il supporto delle due macchine d’altare; per i basamenti rocciosi delle figure è stato impiegato un legno meno pregiato, di conifera; le casse sono invece in legno di noce.

In entrambi i casi, all’inizio delle operazioni, si è subito constatato un grave, ingente e diffuso attacco di insetti xilofagi che comprometteva la stabilità, soprattutto delle parti aggettanti, e la futura conservazione delle opere.

Anche a causa dell’attacco dei tarli, si riscontrava la mancanza di numerose parti aggettanti (come ad esempio numerose dita di vari personaggi) e di alcune parti ad intaglio.

Dall’esame visivo, infine, le varie sculture costituenti le casse processionali apparivano in precarie e degradate condizioni conservative.

Pellicola pittorica

La policromia era cosparsa di innumerevoli fori di sfarfallamento, con zone di raccolta del relativo rosume, depositi di polvere atmosferica visibili soprattutto negli incavi della lavorazione a intaglio, accumuli, macchie di vecchie vernici alterate e moltissime gocce di cera.

La cromia, molto fragile e lacunosa, era offuscata da uno strato di vernice, fortemente ossidata e ingiallita, costituita probabilmente da resina vegetale, e da una spessa coltre di particellato atmosferico coerente; i toni della composizione erano decisamente attutiti, anneriti e sordi rispetto all’intonazione cromatica originale, con una generale perdita di profondità.

Estese zone di preparazione e policromia sono andate perse lasciando visibile l’essenza lignea soprattutto nella cassa di Sant’Antonio, che si presentava in condizioni peggiori rispetto a quella di San Francesco.

Indagini diagnostiche

La diagnostica scientifica di carattere non invasivo e di alto profilo tecnologico, condotta anche grazie alla collaborazione del dott. Michele Brancucci, unitamente all’osservazione al microscopio, ha fornito l’indispensabile sostrato conoscitivo su cui fondare ogni valutazione e ipotesi di carattere metodologico, orientando e supportando in itinere le scelte operative dell’intervento di restauro.

Tutte le analisi hanno confermato lo stato di conservazione delle opere e l’elevata qualità tecnica, fornendoci maggiori informazioni sulla tecnica esecutiva adottata dall’artista.

A seguito delle rituali fotografie a luce diffusa e radente è stata individuata l’effettiva estensione dei precedenti interventi di reintegrazione ed è stata precisata la consistenza delle lacune sulla superficie pittorica. Inoltre, è stato possibile confermare lo spesso strato di vernice ossidata, le ridipinture, che interessavano la cassa di Sant’Antonio Abate, probabilmente a seguito della partecipazione alla mostra del 1939, e le zone lacunose. L’osservazione con il microscopio, inoltre, ha confermato la cattiva  adesione del film pittorico agli strati preparatori e di questo al supporto, soprattutto delle parti dorate.

Per contribuire all’avanzamento della ricerca sulla pittura genovese del XVII secolo, in accordo con la Direzione Lavori, è stata effettuata una Spettrometria di Fluorescenza a Raggi X (XRF): analisi non invasiva realizzabile “in situ”, viene applicata per la determinazione dei pigmenti minerali al fine di caratterizzarne la composizione, definire la tecnica esecutiva e descrivere alcuni meccanismi di degrado. La tecnica consente il riconoscimento degli elementi chimici presenti ma non dei composti chimici cui appartengono. Solamente attraverso la conoscenza delle tecniche esecutive e dei materiali utilizzati nella decorazione pittorica è possibile caratterizzare preparazioni, imprimiture e pigmenti. Nel caso dei dipinti su tela, la penetrazione dei raggi X è generalmente maggiore dello spessore della pellicola pittorica: ciò significa che le informazioni ottenute non riguardano solamente lo strato superficiale ma si estendono anche alla preparazione ed al supporto.

Le analisi chimiche condotte sulle sculture in oggetto hanno permesso di discriminare la composizione delle campiture sottoposte ad indagine e di fornire indicazioni sulla tavolozza utilizzata dall’artista; la costante presenza di rilevanti concentrazioni di Pb in tutte le campiture analizzate, suggerisce l’utilizzo di uno strato preparatorio costituito da bianco di piombo a base carbonatica e di un’imprimitura di pigmentazione rossa (a base di cinabro) per la presenza in tracce di mercurio.

Cinabro, terra di siena e terra d’ombra sono stati utilizzati dalla squadra di coloritori per ottenere i meravigliosi rossi del Cristo Serafino (cassa San Francesco), dei demoni che tentano Sant’Antonio e anche per le tonalità rosse delle vesti e le guance degli angeli. Il cinabro è stato rivelato anche nella preparazione degli incarnati, dati comunque dalla miscelazione in maggior parte di biacca e terre.

Per quanto riguarda le campiture di colore blu e azzurro, data la presenza di elementi quali Si, Al e S, l’artista ha impiegato come pigmentazione il blu oltremare, anche di una “estrazione”, il biadetto, per ottenere le campiture più chiare.

I verdi sono per lo più a base di rame ( malachite e verderame) anche se riscontriamo l’utilizzo di terre per creare gli effetti realistici nelle rocce di entrambe le composizioni;  i bianchi, infine, sono a base di piombo (biacca).

Intervento di restauro

Le metodologie e le finalità di intervento sono state concordate con la Direzione Lavori, dottoressa Paola Traversone della Soprintendenza di Genova.

Il restauro è iniziato con le fasi di smontaggio e trasporto prima di San Francesco riceve le stigmate poi delle Tentazioni di Sant’Antonio Abate (che il prossimo luglio verrà riposizionato), operazioni attuate avvalendosi della collaborazione della ditta Tecnoarte di Genova, che ha curato il trasferimento delle casse presso i locali dell’ex tribunale in totale sicurezza, utilizzando una nuova pedana mobile che, alzandosi fino a sei metri di altezza, permette di raggiungere i vari pezzi delle composizioni e di non far subire stress meccanici alle opere.

L’intervento si è svolto perseguendo il più possibile la logica del minimo intervento.

Le operazioni di recupero iniziano con un fissaggio localizzato in prossimità dei sollevamenti, già in fase di trasporto, per evitare ulteriori perdite di materia dipinta e dorata. Successivamente è stata condotta una profonda disinfestazione tramite gassificazione in più cicli e un ingente consolidamento della struttura lignea, iniettando sostanze che possano penetrare agevolmente e vadano a bonificare e rafforzare le opere soprattutto in profondità.

Eseguita la campagna fotografica iniziale, si è proceduto ad eseguire i test di solubilità al fine di scegliere la combinazione più opportuna di solventi di nuova generazione per valutare la metodologia di pulitura più adeguata, nel rispetto dei criteri di selettività, gradualità e minima invasività, avvalendosi dei risultati ottenuti alla luce ultravioletta e al microscopio.

I test hanno evidenziato una certa difficoltà di azione con l’impiego del solvente libero, poiché la superficie era interessata da diverse stratificazioni di vernice di differente natura e con presenza di sporcizia interna. Utilizzando solventi in forma gelificata per limitare la diffusione degli stessi negli strati preparatori e per rendere uniforme ma non profonda la solubilizzazione della vernice e dei restauri, si è potuta iniziare, in accordo con la Direzione Lavori, la fase di pulitura su tutta la superficie con l’ausilio costante del microscopio che ha permesso il controllo della buona tenuta delle varie campiture. Questo primo passaggio di pulitura ha permesso di solubilizzare il primo spesso strato di vernice e di rimuovere buona parte dei vecchi restauri.

Dopo le fasi di pulitura si è ritrovata la squillante e intensa cromia originale ed è stata ripristinata una chiara lettura dell’immagine originale.

Le parti lignee mancanti sono state ricostruite sia con resine epossidiche sia con parti ad intaglio. Si sono chiuse le lacune dello strato pittorico con gesso di bologna e colla di coniglio e, considerata l’estesa superficie lignea ormai visibile, sono state effettuate stuccature conservative ( soprattutto nelle sculture costituenti la cassa di Sant’Antonio) per eliminare le tasche e lo ”scalino” tra la superficie pittorica originale e il supporto ligneo.

Oltre alle stuccature della pellicola pittorica, è stata eseguita la paziente chiusura degli innumerevoli fori di sfarfallamento; questa operazione è necessaria non solo per un discorso estetico ma soprattutto a livello conservativo in quanto si consolida il supporto ligneo cavo riempiendolo in modo da ridonare consistenza al legno e non avere vuoti che possano costituire punti di fragilità.

La reintegrazione pittorica, con la tecnica dello spuntinato e delle velature ad intonazione di colore, ha ricucito tutte le lacune. Infine, a conclusione delle operazioni di restauro, sulla superficie pittorica è stato steso per nebulizzazione uno strato di vernice protettiva, con anti U.V., che garantisce un’ottima reversibilità a polarità ridotta e una buona stabilità e trasparenza nel tempo.

Al pari del restauro, se non più importante, sarà un piano di manutenzione ordinaria programmata per monitorare lo stato di conservazione e mantenere a lungo i benefici dell’intervento effettuato. A questo scopo é stato già installato nella nicchia ospitante San Francesco (e sarà installato a breve anche in quella di Sant’ Antonio) un dispositivo per registrare temperatura e umidità ogni trenta minuti che tenga sotto controllo  eventuali dannosi sbalzi termo-igrometrici .

Infine, in Cattedrale verranno apposte nuove didascalie in italiano e in inglese con l’aggiunta di un QR-CODE per mettere a disposizione immagini, informazioni e contenuti multimediali relativi alla storia delle due Macchine d’altare e del restauro eseguito.

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